Brand Identity: la guida definitiva

che cos’è, a cosa, serve, come si costruisce

🍍Mida consiglia: leggilo se sei alle prime armi o hai conoscenze di base di branding.

Tempo di lettura: 7 minuti

Brand Identity, oh mia bella sconosciuta! 🥺

Quanta confusione si è creata in rete a tuo riguardo lo sa bene il povero studente di Marketing e Comunicazione che a due giorni dall’esame di Brand Management si è ritrovato a setacciare la rete in cerca di qualche articolo capace di spiegargli in tre parole i fondamenti della Brand Building.

O forse, no. Forse, se sei un consulente di marketing, un imprenditore o un appassionato della materia, lo sai un po’ anche tu che con l’identità di marca saltarci fuori non è tanto semplice. 

Primo perché il branding, come molti rami del marketing, è fatto di scuole di pensiero, non sempre convergenti, tutte dotate di diversi codici linguistici che finiscono per sovrapporsi, generando confusione nelle menti di chi prova ad approcciarsi alla materia.

Secondo perché a causa di queste ibridazioni, persino noi, professionisti della comunicazione, molte volte finiamo per usare la parola Brand Identity in modo improprio.

Se chiedi a un Visual o a un Graphic Designer che cos’è la Brand Identity, al 90% ti risponderà: logo, lettering e palette colori (la buona vecchia immagine coordinata).

Commerciali e Account, più portati a studiare il lato economico e gestionale delle realtà aziendali, potrebbero risponderti che la Brand Identity di un marchio sta nella sua vision, nella sua mission e nei suoi valori.

Ma allora chi ha ragione? 

Cos’è la Brand Identity? A cosa serve? E soprattutto cosa comprende? 

Qui sotto, tutte le risposte.

Che cos’è la Brand Identity

La Brand Identity è l’insieme delle componenti sensoriali che identificano una marca. In teoria, quindi, tutto ciò che si può vedere, toccare, ascoltare, annusare e gustare di un brand.

È l’immagine che una marca sceglie di darsi sulla base della sua personalità, dei suoi valori e della visione che persegue sul mercato.

Perchè serve avere una Brand Identity

La Brand Identity è di fondamentale importanza perché è ciò che mette in comunicazione il brand con il suo pubblico. L’anello di congiunzione che dà forma ai valori e agli ideali di una marca, permettendo alle persone di empatizzare con essa e di concepire un prodotto o un servizio oltre il suo mero scopo funzionale. 

Che cosa sarebbe Coca-Cola senza il suo rosso acceso, il suo logo arzigogolato scritto in Spencerian script e a quelle immagini di gioia in famiglia che la rendono l’elemento indispensabile delle nostre pizzate a casa di amici?

Una semplice bibita gasata da bere per placare la sete.

Che cosa comprende la Brand Identity

Dicevamo prima che la Brand Identity comprende tutti gli elementi sensoriali di un brand. Quindi, in teoria, tutto ciò che si può esperire di questo attraverso i sensi. 

Vedendola da questo punto di vista, quindi, non sono brand elements solo gli elementi visivi e testuali che ne distinguono la comunicazione, ma anche le soundtrack scelte per gli spot tv e  tutte le suggestioni olfattive e gustative che derivano dall’esperienza diretta del marchio e dei suoi prodotti. 

Pensa al profumo che si respira negli store di Abercrombie & Fitch. Talmente intenso e distintivo da essere percepito anche a metri di distanza e da riuscire a guidare i potenziali clienti fino al punto vendita.

Ma anche a quello di certi prodotti come Chanel n.5. Forse il profumo più conosciuto e riconosciuto al mondo. Al sapore inconfondibile della Nutella, che ci spinge a sceglierla e a risceglierla settimana dopo settimana rispetto alle altre semisconosciute creme di nocciole.

Questi, a livelli diversi, sono tutti brand elements.

Diciamo a livelli diversi perché, nonostante tutti concorrano a formare l’identità di brand, ce ne sono alcuni che rimangono nella mente delle persone più a lungo e che quindi vengono considerati principali.

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(Schema esemplificativo della gerarchia dei Brand Elements in una Brand Identity).

Tra questi troviamo il nome del marchio, il logo, il suo pay-off, i simboli o le mascotte, il tone of voice, la palette colori e la tipografia, il jingle.

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(Alcuni Brand Elements di Coca-Cola).

Questi elementi sono considerati principali anche perché sono quelli che concorrono a creare gli altri. Un sito, un packaging o l’insegna di un punto vendita, per esempio, non potrebbero esistere senza un logo.

Naturalmente non è detto che un marchio li sviluppi tutti. Dipende molto dal mercato in cui è inserito, dai prodotti che vende e dai canali di diffusione che sceglie di adottare. 

Coca-Cola per esempio li possiede quasi tutti, perché è un brand del settore food (e quindi i suoi prodotti sono dotati di un odore e di un gusto specifico) e perché ha saputo sfruttare i mezzi di comunicazione di massa offline fin dal loro esordio, permettendoci di ricollegare ad essa non solo nome, logo, colori e lettering ma anche svariati jingle e mascotte.

Diverso è, ad esempio, per i nuovi brand nati e venduti sul web che, non avendo alle spalle secoli e secoli di pubblicità, si concentrano più spesso sugli elementi verbali e visivi.

Qualche volta, te ne sarai accorto, capita poi che alcuni di questi elementi cambino o vengano integrati con altri nel tempo. Ad esempio quando si decide di attuare un Rebranding. 

Come si costruisce una Brand Identity

Se la Brand identity è il connettore tra il cuore del brand e il suo pubblico, per costruirne una efficace, dovrai innanzitutto avere ben presente vision, mission, valori e Unique Selling Proposition del tuo brand. Solo dopo aver compreso quali sono le leve che differenziano il tuo marchio dalla concorrenza e aver costruito il tuo posizionamento, infatti, potrai passare a tradurlo in un’immagine coerente. Per farlo, ti occorrerà in ogni caso passare attraverso una personalità.

Riassumendo, per costruire la Brand Identity devi:

  • Individuare il Brand core e il posizionamento del tuo brand.
  • Trasformare la tua identità in una personalità. Per farlo puoi ricorrere all’Archetypal Branding.
  • Sfruttare le caratteristiche dell’archetipo per la costruzione dei brand elements. 

Quali:

  • Naming, in primis, se non è già stato creato, tenendo conto di tutti gli altri fattori che devono essere valutati quando se ne idea uno. Per esempio la sua pronunciabilità, comprensibilità, memorabilità ecc.

  • Pay-off (o slogan o tagline). Che dovrà aggiungere qualcosa in più sul brand rispetto al nome sia dal punto di vista descrittivo che evocativo.
  • Brand Voice/Tone of voice. Ovvero il modo in cui dovrà parlare il brand sui vari canali. Meglio se corredato di esempi per rendere chiaro a tutti la sua applicazione.
  • Color System (palette colori). Che dovrà rispecchiare l’identità di marca, partendo dalla teoria del colore e tenendo conto delle associazioni cognitive che nel tempo hanno caratterizzato ogni colore, la loro valenza emozionale e l’immaginario che ogni tinta genera nella mente dei consumatori.
  • Typography System (o lettering), brand element complesso da non sottovalutare perché può stravolgere completamente la percezione di marca o, al contrario, rendere la Brand Identity insipida e non sufficientemente caratterizzata.
  • Il marchio e il logotipo (il pittogramma del marchio e la sua trasposizione in lettere). Il bigliettino da visita della marca che condensa in una sintesi chiara e facilmente decodificabile gli aspetti principali della personalità di brand e il suo nucleo comunicativo.

Come avrai notato, l’archetipo di marchio, pur non rientrando in modo ufficiale nei brand elements, è uno strumento indispensabili per arrivare alla loro creazione. Ne esistono altri come per esempio la moodboard che, pur non coincidendo con l’immagine visual definitiva del brand, concorre in maniera esponenziale a delinearla.

La Brand Identity non è il Brand Core

Ora che sappiamo che cos’è la Brand Identity, a cosa serve e come si costruisce, possiamo finalmente smentire le tesi di Project Manager e Grafici.

La Brand Identity non è il Brand Core ma il suo diretto riflesso.

Sul web circolano diverse infografiche che includono il Brand Core nell’Identity (da qui forse la convinzione che siano la stessa cosa). È indubbio che in effetti le due entità siano estremamente connesse, dato che una è il riflesso dell’altro, ma noi preferiamo continuare a vederle separate.

Questo perché il Brand Core, per quanto possegga una componente valoriale, è strettamente correlata al marketing. La sua definizione si basa soprattutto su logiche di offerta, dinamiche di prezzo e prodotto che non hanno nulla a che fare con la creatività e che devono essere fissate a priori per permettere alla prima di esprimersi al massimo. 

Venendo ai Visual e ai Graphic Designer…

È vero che la Brand Identity include logo, palette colori e lettering ma non si esaurisce nelle componenti visive del marchio

Essa, come abbiamo visto, comprende tutti gli elementi che coinvolgono i cinque sensi. È chiaro che, in quanto esperto visivo, lui dovrà innanzitutto preoccuparsi degli elementi di marchio che lo competono, ma non considerare il fatto che esistano altre componenti che influenzano anche il suo stesso lavoro,rischia di compromettere il risultato finale e anche di molto.

Nella Brand Identity, infatti, tutto deve corrispondersi a ogni livello sensoriale. 

Disegnare un logo o scegliere una palette senza aver considerato il nome, il pay-off o il tone of voice del marchio, per esempio, può causare incongruenze vistose che a loro volta rischiano di minare il futuro della Brand Image.

E a proposito di Brand Image…

La Brand Identity non è la Brand Image

Ehilà 😏, ti abbiamo beccato che ti fai fregare dalle assonanze. È vero che in italiano la Brand Identity viene spesso definita “immagine di marchio” ma  questo non significa che equivalga al termine inglese “ Brand Image”.

La Brand Image, infatti, pur essendo connaturata all’esistenza dell’Identity, è esterna al marchio. Rappresenta la sua diretta conseguenza. L’insieme degli attributi, degli atteggiamenti, dei benefici e delle associazioni che il pubblico sviluppa sulla base del messaggio comunicativo che il tuo marchio gli invia.

Con la Brand Awareness, forma quella che viene detta Brand Knowledge. 

Per oggi abbiamo finito. Speriamo che la nostra chiacchierata sulla Brand Identity  ti sia piaciuta e che ora tu abbia le idee un po’ più chiare.

Vorresti imparare a costruire passo a passo la Brand Identity del tuo marchio? Iscriviti al corso di Brand Building di Mida o contattaci per una consulenza personalizzata.

Brand Building: Come si costruisce un brand

e quali sono le fasi fondamentali del processo

🍍Mida consiglia: leggilo se sei alle prime armi o hai conoscenze di base di branding.

Tempo di lettura: 8 minuti

Dopo aver visto Che cos’è un brand? E il branding, oggi approfondiamo una delle sue principali branche: la Brand Building.

Per alcuni esperti questa disciplina è la prima e la più importante da trattare, dato che comprende tutte le attività che riguardano la creazione e la rivisitazione dell’identità di marca.

Brand Building: il processo più lungo che c’è

Giusto per essere diretti, ti diciamo già che puoi metterti comodo, perché costruire una marca non è una passeggiata. 

Si tratta di un processo lento e a volte sanguinoso che parte con audit lungherrimi, continua con l’applicazione di teorie e fondamenti di marketing che, solo alla fine, si traducono nella definizione di una linea di comunicazione creativa.

In poche parole non è che la faccenda si possa liquidare con un logo, quattro immagini e due frasette. E diffida da chi ti illude che una soluzione del genere possa essere ottimale.

Non credere a quelli che ti dicono di poter costruire una Brand Identity per il tuo marchio, senza averti mai fatto una domanda riguardo ai valori che lo contraddistinguono, al pubblico cui si rivolge o alla comunicazione impiegata dai tuoi concorrenti. Anche se è tuo cuggino, (soprattutto se è tuo cuggino).

La Brand Identity, infatti, non è che la punta dell’iceberg. La fase finale di un processo di costruzione che per essere portato a termine richiede mesi di analisi, competenze trasversali, tanta pazienza e – detto in francese – le palle quadrate. 

Ogni tanto capita che qualche cliente vada in esaurimento dopo l’ennesima intervista, matrice, mappa di posizionamento che gli sottoponiamo, ma se c’è una cosa che abbiamo capito in questi anni è che ogni ora, ogni slide, ogni teoria impiegata ha un valore aggiunto immenso

Sono i dettagli che fanno la differenza. Quelli che ti permettono di costruire un brand davvero su misura del cliente che incontri. Li stessi che di solito lo spingono a esclamare: “wow!” e a ringraziarti quando finalmente vede il suo marchio prendere forma. Perciò, bando alle ciance! Se sei arrivato fino a qua e non sei stato preso dalla pigrizia, ti meriti di passare al capitolo successivo. 

Brand Building: quali attività comprende

In base allo scopo che perseguono, le attività di Brand Building si dividono in:

  • Brand Creation → quando c’è bisogno di creare una marca da zero, per esempio nel caso di una start-up. È l’attività più onerosa di tutte e quella a più alto rischio. Quando un brand deve ancora nascere non ci sono quasi mai dati. Si lavora molto di ipotesi e di tanto test & learn. Ma una volta che si è imboccata la strada giusta, ottenere risultati dà il doppio delle soddisfazioni.
  • Rebranding → quando è necessario aggiornare o rivedere la Brand Identity
    di una marca perché sono cambiate alcune circostanze interne e/o esterne. Per esempio quando ci si accorge che la vecchia immagine non incontra il favore del pubblico. Quando l’assetto generale del sistema sta cambiando per via di una fusione, un’acquisizione o un’estensione. O ancora, quando si desidera riposizionare il brand a un gradino diverso di mercato. Quando cambia il pubblico di destinazione e/o il posizionamento di certi concorrenti.
  • Restyling → quando si vuole rinfrescare l’immagine di marca per renderla più contemporanea. Tra le tre, questa è senz’altro l’operazione più “soft”, perché non obbliga a ripensare la Brand Identity da zero sulla base di logiche di riposizionamento, ma agisce sugli elementi visivi (e anche se in pochi lo dicono) verbali già presenti.

Branding Iceberg: l’essenziale è invisibile agli occhi

brand iceberg model - mida creative hub

Branding Iceberg Model – versione Mida Style.

Quando abbiamo detto che la Brand Identity è la punta dell’iceberg della Brand Building non stavamo usando una metafora. È proprio così! 😂 

Il modello di Branding Iceberg, che oggi vanta numerose varianti, ma che fu proposto per la prima volta da Hugh Davidson nel 1989 alla Conferenza annuale della Marketing Society, esemplifica alla perfezione quali sono i pesi tra elementi visibili e invisibili all’interno del processo di Brand Building.

E, così facendo, rimarca l’importanza di quelli che costituiscono la base sommersa del sistema marca, elevandoli a prerogativa indispensabile per l’esistenza delle sue manifestazioni esteriori.

Come abbiamo già ribadito e ribadiremo ancora alla sfinimento, Branding e Marketing non si equivalgono ma vanno a braccetto. Questo è il motivo per cui,  nella parte invisibile del brand, troviamo variabili inerenti alla funzionalità, alla reperibilità e al prezzo del prodotto/servizio.

Ai canali di vendita ,alla logistica, al customer service, alle strategie promozionali e al budget a disposizione per metterle in atto. Oltre a tutta una serie di implicazioni finanziarie quali: quotazioni in borsa, profittabilità e altre robe di cui non stiamo a parlarti qui né in altri posti dato che non è il nostro.

Quello che però, al di là delle nostre competenze specifiche, vorremmo ti passasse è che non si può creare una marca dal punto di vista comunicativo se prima non hai capito come strutturarla concretamente. Devi sapere quanto sei disposto a investire nel tuo progetto, come produrre e vendere i tuoi beni,  come coinvolgere al punto giusto dipendenti e fornitori, gestire le richieste dei clienti ecc. Senza tutto questo lavoro preliminare puoi mettere via l’idea di ottenere risultati. La comunicazione non funziona se  il prodotto e la strategia di marketing non sono all’altezza.

Ecco perché ti consigliamo di redigere un business plan. 

Farti un’idea del rapporto costi/benefici e degli obiettivi che vuoi raggiungere nel breve, medio e lungo periodo ti aiuterà a  non arrivare impreparato e a non farti prendere dallo sconforto o dal panico nel mentre che darai alla tua marca il tempo di iniziare a parlare, camminare, fatturare.

Se hai studiato Economia e te la cavi bene coi numeri, puoi redigerne uno da solo oppure affidarti a un’agenzia di consulenza manageriale che lo faccia al posto tuo. Eviterai brutte sorprese, faciliterai il lavoro a noi poveri professionisti della comunicazione e ci aiuterai a potenziare l’effetto dei nostri sforzi creativi.

Bene, ora che la paternale è finita, passiamo alla ciccia e vediamo nel dettaglio i passaggi per costruire una comunicazione di marca de fero 🦾

Marketing Analysis

Il primo step che un Brand Strategist dovrebbe proporti nel percorso di creazione della tua marca è uno studio approfondito di brand, target e concorrenza.

3 is the magic number🎶.  Per avere una visione totale dello scenario che si va modificando, è indispensabile possedere conoscenze precise riguardo a ciascuno di questi tre attori.

Come ottenere queste informazioni? 

La concorrenza può essere studiata attraverso una benchmark analysis. Un’analisi qualitativa che esamina la comunicazione messa in campo dai competitor allo scopo di individuare punti di forza e debolezza, comunanza e differenza rispetto al tuo brand.

Un’intervista o un questionario sono invece più appropriati per studiare la tua marca e il tuo pubblico e permetterci di definire nello step successivo le Buyer Personas, tipizzazioni umane che hanno il potere di trasformare il target da sostantivo sterile in una persona con nome, cognome, bisogni e personalità. 

Ne parleremo presto.

Brand Platform

Una volta vagliate tutte le informazioni e solo dopo aver delineato una panoramica completa su marca, pubblico e competitor, è possibile procedere con la definizione del Brand Platform.

Spiegare che cos’è esattamente questo processo e/o provarlo a ingabbiare in un solo modello è un po’ difficile. Assomiglia alla carbonara, che c’è chi la fa solo con i tuorli, chi usa le uova intere, chi mette il pecorino, chi il parmigiano.

Alcuni esperti includono nel Brand Platform praticamente ogni cosa. Gli obiettivi del brand, l’audit svolto sulla marca e sul target, le analisi SWOT, il brand core, il posizionamento e una parte di Brand Personality e di Brand Identity. 

Dato che il percorso di Brand Building è lungo, personalmente noi preferiamo segmentare le informazioni il più possibile per dare al cliente il tempo di interiorizzarle come si deve, piuttosto che presentargli uno sproposito di teorie e postulati difficili da digerire tutta di un colpo.

Andare per gradi ci permette anche di avere la sicurezza di non aver commesso errori nell’analisi dei dati e nello scarico a terra dei fondamenti di brand, prima ancora che nella sua immagine. (Sai che sbatti arrivare a definire il tone of voice di una marca per poi scoprire che la personalità o ancora peggio i valori che l’hanno ispirata sono sbagliati? Praticamente c’è da rifare tutto daccapo).

Lato nostro, quindi, il Brand Platform coincide con la definizione del nucleo “valoriale e percettivo” del brand a cui seguono in seconda battuta una fase “psicocognitiva” di individuazione della personalità e una creativa di modellamento dell’identità.

Poi va da sé che ogni cliente è un mondo. Ed è importante tarare il proprio lavoro in base alle esigenze e al grado di consapevolezza che questo dimostra di avere rispetto alla propria marca.

Se, per esempio, ci troviamo davanti a una realtà che ha già fatto attività di Brand Management in passato e magari possiede già qualche Brand Pillar, ci limitiamo a integrare quelli mancanti con l’obiettivo di dare sempre il maggior valore aggiunto possibile.

In Mida di solito nel Brand Platform inseriamo Vision, Mission, Buyer Personas, Brand Values, Brand Promise (che in alcuni casi potreste aver visto sostituire con Unique Value o Unique Selling Proposition a seconda che il valore aggiunto garantito al consumatore sia più culturale o materiale), e Brand Positioning. 

Brand Personality

Scaricata a terra la roba che scotta, iniziamo a divertirci sul serio, trasformando quelle che fino a un momento prima erano bellissime ma ancora molto astratte promesse in modi da essere quasi tangibili.

Diciamo quasi perché ancora la forma della marca non c’è. Non c’è il suo aspetto, la sua voce. Ma il senso di tutto questo, invece, sì. D’altronde la personalità questo è: un sentore, un’indole, un’attitudine. E come accade con le persone, anche il Brand ne ha una.  Come si trova?

Non c’è un solo metodo. Quello che noi però preferiamo è senz’altro l’Archetypal Branding. Una teoria nata in seno alla psicoanalisi e in particolare a Karl Jung che ci permette di ricollegare i valori della marca e i suoi pillar a uno dei dodici archetipi mentali attraverso cui tutta l’umanità ( e quindi anche il pubblico della marca stessa) riconduce opinioni, emozioni, pensieri, sentimenti.

È una roba fichissima che avremo modo di approfondire a breve in un articolo ad hoc. 

Brand Identity

E alla fine, soltanto alla fine, arriviamo alla creazione della nostra celeberrima Brand Identity. Archetipi alla mano, diamo sfogo alle nostre abilità di trasformare la personalità in elementi visivi, verbali e sensoriali che renderanno la marca unica agli occhi del pubblico. 

Brand Book

Ogni volta che creiamo o ridisegniamo una marca, raccogliamo tutte le informazioni che la riguardano (dal Brand Platform alla Brand Identity) all’interno di un manuale di marca. Una sorta di “diario” che riassume l’anatomia del brand, le sue evoluzioni e i parametri che bisogna conoscere per comunicarlo in modo consistente su ogni canale.

Pensi che costruire la tua marca da solo sia troppo difficile? Contattaci per acquistare un corso di Brand Building by Mida o per una consulenza personalizzata.